L’Unesco, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, è stata istituita il 16 novembre 1946 al fine di promuovere la pace e la comprensione tra le nazioni attraverso l’affermazione di principi come lo stato di diritto e le libertà fondamentali. Negli anni l’organizzazione ha visto l’adesione di diversi paesi arabi, tra cui il Regno del Marocco. La convenzione Unesco è stata ratificata da Rabat il 28 ottobre 1975. Tale adesione ha permesso al Regno di valorizzare la propria ricchezza culturale, storica e artistica e di farla conoscere anche al di fuori dei confini nazionali. Il Regno vanta una serie importante di siti culturali, architettonici ed archeologici che lo rendono un paese “ricco” in Nord Africa e nell’intera regione mediterranea.
Negli ultimi anni Rabat ha fatto investimenti crescenti per la promozione del proprio patrimonio culturale, con una spesa destinata al settore che nel 2021 è stata dello 0,24% del Pil. Nel bilancio 2021 la somma riservata al ministero della Cultura è arrivata a toccare la cifra di 480 milioni di Dirham (circa 48 milioni di dollari) con un aumento del 45,45% rispetto al 2020. Nel dicembre 2021, l’ambasciatore Samir Addahne, rappresentante marocchino presso l’Unesco, è stato eletto come Vicepresidente del comitato del Patrimonio Mondiale Immateriale. L’elezione del diplomatico del Regno, durante l’ultima sessione del comitato intergovernativo dell’Organizzazione, composta da 180 paesi e 24 membri permanenti, ha testimoniato il buon lavoro svolto dal Marocco nel corso degli ultimi anni. Anche la visita del 28 febbraio scorso a Rabat da parte della Direttrice Generale Unesco, Andrey Azoulay, organizzata ufficialmente per un incontro con il ministro della Cultura marocchino, Mehdi Bensaid, è stata vista come un chiaro riconoscimento al percorso intrapreso da Rabat, per l’occasione rappresentante del mondo arabo. Infatti, la città del paese meghrebino è stata designata dall’Organizzazione Islamica per l’educazione, le scienze e la cultura (Isesco) capitale culturale del mondo islamico nel 2022.
Il primo sito marocchino iscritto nella lista come Patrimonio mondiale dell’umanità è stata la Medina di Fez nel 1981. Ad oggi si contano 13 siti riconosciuti nel paese, di cui nove beni culturali e quattro beni naturali. L’elenco dei siti inseriti nella lista dell’Unesco comprende: la Medina di Marrakech, la fortezza storica berbera Ksar d’Ait Ben Haddou, la Medina di Essaourira, la Medina di Tetouan, la capitale moderna, le Ville storiche di Rabat, il sito archeologico di Volubilis, la città storica di Meknes e quella portoghese di Mezagan di El Jadida. Mentre, il patrimonio immateriale conta: lo spazio culturale della piazza di Jemaa el-Fna a Marrakech, il Moussem (festival) della città di Tan-Tan, il festival delle ciliegie di Sefrou, la falconeria, la dieta mediterranea, l’albero di Argan e la tecnica di produzione dell’olio e la sua lavorazione, la tradizionale pratica associativa per la conservazione e la cultura degli alberi da dattero, la musica Gnawa, la lavorazione del couscous e la sua consumazione, l’arte della scrittura calligrafica e, infine, la Tbourida.
La tradizionale arte equestre Tbourida – che deriva dalla parola baroud (polvere da sparo) e che trova le proprie radici storiche tra il XII e il XV secolo – è stata tra gli ultimi “beni” inseriti nella lista del patrimonio culturale immateriale annunciata dal comitato culturale dell’Unesco nel dicembre 2021. Questa pratica culturale rientra nell’arte storica del gioco a cavallo, spesso proposta nelle festività locali e regionali in tutto il paese. Tbourida non si limita alle sole capacità del fantino di governare il cavallo, ma è un rito, un’attività con vesti tradizionali che inizia con una cavalcata e si conclude con lo sparo a salve in aria.
L’arte della Tbourida rimane una rievocazione storica della tecnica militare d’assalto in cavalleria dei guerrieri arabi e berberi. Tbourida è una rievocazione non solo storica, ma essa di generazione in generazione ha assunto anche una dimensione spirituale. La sinergia con il proprio cavallo, sacro per i musulmani, crea un legame mistico. L’esecuzione ha inizio dalla linea di partenza in formazione d’assalto, composta da 11 o 15 cavalieri allineati, e con al centro il cavaliere che guida l’intero schieramento, che prende il nome di Sorba. La pista, chiamata Mahrak, è lunga tra i 150 e i 200 metri. A fine corsa i cavalieri sparano a salve con i fucili dell’epoca.
Il rito di preparazione del cavaliere e del cavallo, oltre all’aspetto ornamentale, vede anche una fase di preparazione fisica e, in particolar modo, spirituale. Il cavaliere è abbigliato in maniera tradizionale con il Caftan, una tunica solitamente bianca, dei pantaloni, sulle spalle un mantello Selham, sul capo un turbante chiamato Rezza, gli stivali Tmagh, un piccolo Corano Dalil el Khayrate e, infine, il Khenjer, un pugnale nella fodera.
La rievocazione della Tbaurida, anche se spesso praticata durante le festività e nelle zone più rurali del Regno, negli ultimi anni ha ottenuto una valorizzazione importante. La politica di promozione del patrimonio culturale materiale e immateriale del paese è una scelta significativa del Regno, perseguita con lo scopo di diffondere e far conoscere l’identità marocchina.
Questo indirizzo del governo negli ultimi anni ha significato la riscoperta delle tradizioni più profonde del Marocco e in tale direzione vanno l’attenzione riservata al “dialetto” maghrebino darijia, il riconoscimento della multiculturalità del paese e delle diverse confessioni religiose, compreso l’ebraismo, che rappresentano un’importante evoluzione storica della società marocchina e testimoniano il valore della cultura come mezzo di riconoscimento anche a livello internazionale.
Mohamed El Khaddar